Livorno, 1889 – 1969
Rimase orfano all’età di sei anni e, sin da giovanissimo, si appassionò al disegno. Nelle ore libere visitava gallerie e musei, fermandosi spesso ad osservare i pittori che dipingevano all’aperto. Adolfo Tommasi, all’epoca già noto, dopo aver visto i suoi disegni, lo incentivò a continuare. L’incontro fu, comunque, determinante per Lomi; infatti i suggerimenti di Tommasi lo rafforzarono nel proposito di divenire pittore. Per mantenersi lavorò come imbianchino e decoratore, incrementando le modeste entrate grazie alle abilità canore. Espose anche Roma alle mostre degli Amatori e Cultori del 1920 e del 1923 e alle Biennali Romane del 1923 e del 1925. Nel 1924 allestì una personale con Gino Romiti alla Galleria Geri. Nel 1919 partecipò alla Permanente di Milano con il dipinto Vecchi scali livornesi.
La sua formazione da autodidatta priva di qualsiasi orientamento scolastico rende il suo stile inconfondibile: centinaia di disegni, studi dal vero e appunti, sono l’enorme archivio grafico che precedeva sempre la stesura sulle tele. Senza concedersi a decorazioni superflue, i temi a lui cari sono prevalentemente la luce naturale dell’alba e del tramonto, la sua maniera è tranquilla, la sua “maestra” è la concretezza della pittura dal vero.
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